UNA DONNA UNA STORIA
GRETA GARBO
Fu una donna fatale, nel cinema e nella vita. Gli uomini impazzivano per lei, tentando di scuotere la sua indifferenza. Invano «Non mi sposerò mai», disse. E il suo cuore rimase per tutti un mistero
Adorata da tutti
ma incapace di amare
di AnnaMaria Battistin
«Resiti, signorina Gustafsson, reciti! Non ha imparato niente a scuola di recitazione?» . Nello studio della Svensk Filmindustri di Stoccolma la ragazza guarda il grande regista, impacciata, scontrosa. Il provino non è riuscito, pensa. Doveva fingere un malore improvviso. Ed è riuscita solo a lasciarsi cadere con aria afflitta sul divano: l'unico sentimento che ha saputo esprimere è la sua insuperabile timidezza.
È il 1923. Lui è il regista svedese più acclamato del momento in tutta Europa: Mauritz Stiller, ebreo di origine russa, sui quarant'anni, alto e massiccio, di una bruttezza stravagante come il suo carattere. Lo chiamanco il «Granduca» per la sua megalomania: porta i brillanti al posto dei bottoni, gira con una pelliccia gialla lunga fino ai piedi, ama la bella vita, il bel mondo, la bellezza comunque gli si presenti, maschile o femminile non ha importanza.
La «divina» a 80 anni,
in una foto «rubata».
Ma è soprattutto un cineasta geniale. E in quella ragazza di 18 anni, un po' goffa e grassa, coi piedi da uomo e le mani da massaia, coglie immediatamente «qualcosa»: lo sguardo, l'espressione del viso. «Un volto così compare davanti alla macchina da presa solo una volta, in un secolo», dirà poi ai dirigenti della Svensk Filmindustri proponendo la ragazza con il ruolo di comprimaria, accanto alla celebre star danese Asta Nielsen nel film La saga di Gùsta Berling .
E la signorina Gustafsson finalmente recita. Col nome che Stiller ha inventato per lei: Greta Garbo, anagramma del principe ungherese medioevale Gabor. È il 1924. La donna che rappresenterà poi, nell'immaginario di tutti, la «divina», la sfinge, la grande ammaliatrice, è già stata inventata dal suo Pigmalione che si dedica a lei notte e giorno per plasmarla educarla, crearla. Ed anche per amarla nel suo modo eccentrico: come Faust poteva amare Margherita.
VITA IN BREVE
Greta Loyisa Gustafsson (in arte Greta garbo) nasce a Stoccolma il 18 settembre 1905. Muore a New York il 15 aprile 1990.
Film famosi
La divina (1928), Orchidea Selvaggia (1929), Anna Christie (1930), Mata Hari (1932), Grand Hotel (1932), La regina Cristina (1933), Margherita Gauthier (1936), Maria Walewska (1937), Ninotchka (1937).
Amori
Mauritz Stiller il «Pigmalione». John Gilbert , suo partner in 5 film. Rouben Mamouliau , regista. Il barone Erich Goldschmidt-Rothschild . Lo scrittore Noel Coward. Il musicista Leopold Stokowky . Il fotografo Cecil Beaton .
Greta Garbo
nel film Mata Hari .
Col suo ingresso nel mondo del cinema, Greta Garbo lascia per sempre alle spalle la signorina Gustafsson, i sobborghi di Stoccolma, la povera famiglia tutta ammassata in una stanza (la madre era una contadina lappone, il padre faceva il macellaio), la sua infanzia senza bambole, senza giochi, le fatiche, i piatti da lavare. E poi, a quattordici anni, i primi, miseri mestieri: «insaponatrice» nei negozi di barbiere, commessa ai grandi magazzini, via via fino alle prime foto pubblicitarie.
Tutto questo è già dimenticato quando Greta nel 1925 segue Stiller prima a Berlino, dove hanno in progetto un nuovo film, poi a Istanbul. Trionfa finalmente la fierezza del suo carattere volitivo che le aveva fatto dire, a 14 anni: «Devo ruscire. E riuscirò»: un'ambizione che manterrà intatta, per tutto l'arco della sua carriera.
A Berlino Stiller incontra il grande magnate di Hollywood, Louis B. Mayer, della Metro Goldwin Mayer, la famoso casa cinematografica con lo stemma del leone ruggente. Mayer è in Europa a caccia di talenti per i suoi studios. Non è colpito dalla Garbo. Ma offre al regista svedese un contratto allettante. Stiller accetta, ad una condizione: che il contratto venga esteso alla sua pupilla. Quando la copia approda a New York, il 6 luglio 1925, non c'è nessuno ad attenderla. Anche a Hollywood, il primo anno trascorre in sordina. Ma un servizio fotografico che il regista ha fatto fare a New York per la rivista Vanity Fair attira improvvisamente L'attenzione di Mayer sulla Garbo: «Quegli occhi! » dice. E decide di puntare su di lei. Come accadrà sempre anche in futuro non è la donna in carne e ossa a esercitare quella intensa, inspiegabile attrazione che farà di lei un mito: ma la sua immagine, colta in una fissità da sfinge, che manterrà poi intatta anche davanti alla cinepresa, in contrasto con l'agitarsi concitato degli altri attori dell'epoca.
Con quei suoi movimenti essenziali, quasi astratti come la sua bellezza, la sua femminilità, Greta Garbo è diversa da tutti, già nei primi film. E il suo fascino, già all'inizio, è soprattutto mistero.
Timida e altera, sprezzante e deduttiva, glaciale e appassionata, ingenua e perversa, Greta Garbo è il trionfo dell'ambiguità. Non solo nel volto, nello sguardo. Ma ora anche nel corpo, che emerge quasi androgino dalle diete imposte dai maghi di Hollywood.
Dopo i primi film, Il torrente e la Tentatrice , la Garbo è la donna fatale di La carne e il diavolo , a fianco del grande amatore dell'epoca, John Gilbert, il successore di Rodolfo Valentino. Stiller assiste ai suoi trionfi, sempre più in disparte: un Pigmalione ormai divorato dalla sua creatura. Nel 1927 la sica Hollywood, e ritorna a Stoccolma solo e malato. Dove muore l'8 novembre 1928. «Sei l'unica donna che abbia veramente amato», scrisse alla Garbo nella sua ultima tristissima lettera.
L'attrice è sul set, quando riceve la notizia della morte dell'amico. Sta girando Orchidea Selvaggia . Si chiude in un camerino, dove la si sente ridere in modo strano, quasi isterico. La raggiunge un attore, Nils Asher, che la trova davanti a una bottiglietta di profumo, piena di brandy (in tempi di proibizionismo, era già una buona dose di alcool), un dono di Mayer, accompagnato di un biglietto: «Condoglianze per il tuo dolore. Ma lo spettacolo deve continuare».
E lo spettacolo continua. Greta Garbo ritorna sul set dieci minuti dopo. Forse non aveva veramente amato Stiller. Come,forse, non ha amato nessuno dei tanti uomini della sua vita. La sua incapacità d'amare fa parte del suo mito. O forse preferiva altri amori? Oggi, dopo la sua morte, qualcuno, è pronto a raccontare una serie di amicizie femminili a cui la Garbo si sarebbe dedicata in segreto.
La morte di Stiller segna comunque una svolta profonda, nella vita della Garbo, proprio come il primo incontro con lui: È come se fossi morta anch'io», dice. E ancora: «Non ho pensieri. Non ho avvenire».
1925: Greta Garbo sulla nave che la porta in America
con il suo «Pigmalione», il regista russo Mauritz Stiller.
«Non ho niente da dire». La sua ultima intervista è di quell'anno: 1928.
Ormai è la diva più famosa di Hollywood. La meglio pagata. Ma inizia qui il suo isolamento. la sua estraneità dalla vita mondana, la barriera invalicabile fra il lavoro, da cui stacca puntualmente ogni sera alle cinque, e la vita privata, in cui si chiude sempre più scontrosa, diffidente, quasi paurosa degli altri. «Detesto la gente» dirà poi. «Voglio stare sola».
Sullo schermo si susseguono le grandi storie d'amore, i grandi personaggi tragici, infelici. Nel 1930 il suo primo film sonoro viene lanciato con lo slogan «La Garbo parla!»; come sarà poi lanciata nel '39 la sua prima commedia, all'insegna del sorriso, Ninotchka : «La Garbo ride!». Non è lei che recita i suoi personaggi. Sono i personaggi che diventano Greta Garbo: da Anna Karenina, a Marguerite Gauthier a Maria Walewska.
Anche nelle vita, il personaggio non cambia. Si parla di altri presunti amori maschili, meno romanzeschi. Ma senza illusioni di felicità. E senza mai la parola «per sempre». «No, non mi sposerò mai. I film sono tutta la mia vita», dice nel 1932, al culmine del successo.
Come nei film, così nella vita, è una donna fatale, anche se scomoda, con quel carattere difficile e le manie igieniste. Gli uomini impazziscono per lei. Ma nessuno riesce davvero a conquistarla. E tanto meno a sposarla. Ci prova due volte John Gilbert, l'unico con cui accetta di convivere, per un breve periodo. Ma Greta scappa dal municipio quando lui con uno stratagemma ve la porta per sposarla. E poi lo lascia. Come lascerà più avanti il grande direttore di orchestra Leopold Stokowsky, dopo una breve fuga d'amore a Ravello. Come lascerà il fotografo Cecil Beaton. «Non ti piacerebbe vedermi al mattino in pigiama da uomo», è la risposta di Greta alla richiesta di matrimonio. Solo un compagno le resta a fianco per oltre ventenni, l'amico della vecchiaia, l'uomo d'affari Gorge Scalee, che non le chiederà mai di sposarla, anche perchè ha già moglie.
Nel 1941, a soli 36 anni, Greta Garbo lascia definitivamente anche l'unico grande amore della sua vita, il cinema, dopo l'insuccesso del film Non tradirmi con me .
Comincia l'isolamento totale. Una vita segreta e sfuggente come la sua immagine, che raramente i fotografi riescono a cogliere. Occhiali neri, foulard, larghi cappelli, abiti informi, passo lungo, in fuga, Greta Garbo è una maschera che si allontana nel tempo. Ha anche un nuovo nome: Harriet Brown.
Ora che è morta, a 84 anni, resta di lei quel mistero che ha sempre fatto parte della sua vita, della sua immagine «C'è un mistero in te», le dice John Gilbert nel film La Regina Cristina . E lei risponde: «C'è un mistero in ognuno di noi». Greta Garbo l'ha rappresentato per tutti.
Greta Garbo nel film La regina Cristina (1933) con il
famoso attore John Gilbert, con cui convisse per qualche tempo.
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